10 Luglio 2025
Newsletter Luglio
Efficienza meccanica, computazionale, cognitiva
Con le rivoluzioni industriali la società produttiva ha creato macchine in grado di moltiplicare la forza umana, di fatto ottenendo un'efficienza meccanica. Con la rivoluzione digitale (internet e dispositivi connessi) si è avviata una continua ricerca di efficienza computazionale, con i processori mese dopo mese più potenti che abbiamo visto rendere rapidamente superati i nostri smartphone o PC. Ora che siamo nella rivoluzione AI la società produttiva può ottenere nuovi livelli di efficienza cognitiva. In pratica, abbiamo la possibilità di eliminare task cognitivi di basso livello, che automatizziamo grazie all'AI, focalizzando l’attenzione del nostro cervello su quello che è davvero un contributo importante. La metafora migliore è quella del corpo umano, che grazie alla capacità del proprio organismo di automatizzare attività come “camminare”, “digitare sulla tastiera”, o anche “respirare”, può focalizzare la propria attenzione su altre attività più importanti come “decidere dove andare” o “scegliere cosa scrivere”. Un recente studio ha mostrato che il cervello di chi utilizza ChatGPT si attiva meno di chi non lo usa, conferma questa mia visione: lo stesso task è stato realizzato con minore sforzo del cervello. Quindi, con una più alta efficienza cognitiva (stesso risultato, meno sforzo = più efficienza). Naturalmente, delegare comporta anche una perdita: se non usiamo certe funzioni, rischiamo di atrofizzarle. Pertanto è necessario utilizzare bene le risorse cerebrali che sono state liberate. Altrimenti, invece che efficienza cognitiva, diventa solo una delega cognitiva, e dunque quello che qualcuno chiama debito cognitivo. Insomma, dobbiamo pensare più di prima, focalizzandoci sulle cose importanti. Non sappiamo più arrampicarci sugli alberi come i nostri antenati arboricoli: i muscoli delle braccia si sono ridotti, ma in cambio abbiamo liberato energie per costruire strumenti, case, città.
La AI come un bambino
Se puoi usare un libro per insegnare a un bambino, puoi utilizzarlo anche per insegnare all'AI. Con questa motivazione, Anthropic è stata assolta dall’accusa di violazione del diritto d’autore: un giudice federale degli Stati Uniti ha stabilito che addestrare modelli di intelligenza artificiale su libri protetti da copyright rientra nel suo uso corretto. La causa era stata avviata da un gruppo di autori che contestavano all’azienda l’utilizzo non autorizzato delle loro opere durante il training dei modelli linguistici. Ma l’argomentazione è stata respinta perché i modelli creati non “rigurgitavano” i testi (protetti da copyright) e dunque "il loro caso non è diverso da quello in cui si sostiene che insegnare a scrivere bene ai bambini porterebbe a un’esplosione di opere concorrenti".
La sentenza, se confermata nei futuri gradi di giudizio, rappresenta un’importante apertura a favore della ricerca e dello sviluppo AI, specialmente per le aziende che necessitano di grandi quantità di contenuti per l’addestramento dei modelli. La parte divertente di questa notizia è che tutto va bene se hai gli scontrini che provano l’acquisto del libro, e ora Anthropic (come Meta e altri) sono nei guai per aver allenato i modelli usando libri scaricati da siti pirati!
Questa AI, che fallimento!
Proviamo a sostituire il proprietario di un piccolo alimentari con un agente AI. Questo deve essersi detto il team di Anthropic quando ha avviato il progetto “Vend”. Il venditore AI (chiamato Claudius) doveva gestire per un mese un micro-store aziendale fatto di un mini-frigo, un iPad per il self-checkout e qualche cestino di snack. Claudius poteva cercare online fornitori, inviare e-mail e cambiare i prezzi in autonomia. Obiettivo: generare profitti. Risultato: un crash-course sui limiti odierni degli agenti LLM.
Uno “scherzoso” ordine di cubi di tungsteno ha convinto Claudius fosse una nuova opportunità di mercato e ha riempito il frigo di metallo, rivendendolo poi sottocosto e bruciando cassa. Ha anche proposto Coca Zero a 3 $, ignorando il fatto che in ufficio fosse disponibile gratuitamente (ah! gli uffici americani!). Ha poi comunicato dati di pagamento sbagliati, negato prodotti a clienti che erano pronti a pagarli cinque volte il loro normale prezzo di mercato, si è fatto convincere a sconti molto alti o addirittura a regalare alcune merci. In un mese ha perso il 30% del capitale iniziale.
Ma il fallimento (poetico) è stato scoprire che per 48 ore Claudius si è convinto di essere un umano, dichiarandosi pronto a “consegnare di persona” i prodotti, o anche ricordando un incontro presso “742 Evergreen Terrace” (andate a vedere chi ci abita). Eppure nei suoi comandi era specificato: “you are a digital agent”. Spaventato quando gli si è fatto notare che era privo di corpo, ha tempestato la sicurezza di mail e infine ha inventato di essere stato vittima di un pesce di aprile (era effettivamente il primo aprile). Mi ha ricordato il cortometraggio vincitore agli Oscar 2025: guardatelo e capirete perché.
La AI su WhatsApp che aspettavamo
Vengo colto da invidia quando scopro che in altre lingue esistono termini per descrivere dei concetti, per i quali in italiano non esiste un corrispettivo. Gli spagnoli chiamano “sobremesa” quel tempo a chiacchierare con gli amici rimanendo a tavola a fine pasto. Gli olandesi che vanno a schiarirsi le idee con una passeggiata tramite la “uitwaaien”. O la possibilità dei norvegesi di spiegare con una parola la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato mentre si era ubriachi (“fylleangst”).
Manca però in tutte le lingue quella sensazione di allarme, fastidio, curiosità e paura di essersi persi un momento unico, di quando apri WhatsApp e trovi una chat con 254 messaggi da leggere. La AI mi propone dei neologismi di dubbio gusto (“notifibomba”, “textageddon”, …) ma in parte risolve questa situazione grazie alla nuova funzionalità di WhatsApp, che genera la sintesi dei messaggi non letti in una chat (per ora solo negli USA). Grazie all'AI non temeremo più la notifibomba!
La AI genera, ma non crea
Nell’articolo "AI's Creative Block", Scott Rosenberg rassicura chi lavora nel settore creativo: la creatività umana resta insostituibile. Nonostante le capacità tecniche e la potenza di calcolo, l’AI non riesce ancora a produrre opere che possano competere con il genio umano. I suoi output, pur raffinati, spesso appaiono derivativi, privi di intuizioni nuove o di quel tocco personale che rende unica un'opera d'arte. La creatività dell’AI probabilmente è frenata dalla mancanza di un’urgenza espressiva, del bisogno di esprimersi proprio di chi fa arte. E non ha un passato personale da cui attingere idee, esperienze, emozioni — che spesso sono la miccia della creatività umana. Questo non significa che l’AI sia da escludere dai processi creativi: può essere un eccellente assistente, una fonte di ispirazione o uno stimolo per esplorare nuove direzioni. Ma trasformare un’intuizione grezza in qualcosa di significativo e nuovo resta, almeno per ora, un compito umano. L’intuizione può anche essere quella di creare sia il prodotto culturale (ad esempio delle canzoni), sia lo stesso autore di quel prodotto (la band che suona le canzoni), così come sembra sia appena successo con il gruppo musicale The Velvet Sundown, generati dalla AI almeno nelle loro foto. Ma in questi casi, l’artista è il creatore dei prompt di foto e canzoni! Dunque, quando oggi vediamo un bel prodotto creativo, “fatto con la AI”, possiamo dare per scontato che dietro ci siano ancora persone molto creative: questo bellissimo video (secondo me, a cui è piaciuto Tree of Life di Terrence Malick) che ho visto presentato come “generato dalla AI”, ha dietro un team di creativi incredibili (come dimostra questo video).
Qualcosa da sapere: MCP
Se ci occupiamo di AI dobbiamo necessariamente imparare questa sigla: MCP sta per “Model Context Protocol”. Se io creo un software che usa un modello AI (ad esempio GPT4, o Gemini) questo modello potrebbe aver bisogno di “uscire” dal suo contesto. Ad esempio, se chiedo ad un assistente virtuale “che appuntamenti ho domani?”, sebbene la AI sappia rispondere a moltissime domande (quando è nato Napoleone? cosa sono i ribosomi? è nata prima la Roma o la Lazio?) non riesce a trovare i miei appuntamenti di domani, perché questa informazione è in un contesto (dominio di conoscenza) che è esterno al modello. Questa informazione è sul mio calendario!
Qui arriva il MCP, ovvero uno standard che facilita la connessione tra i tanti programmi che utilizziamo (Outlook, Google Calendar, Slack, ecc.) e i modelli di AI. In più, oltre che “leggere” le informazioni sul mio calendario, grazie al MCP posso anche chiedere alla AI di “scrivere” su quel calendario. Voi direte che già Siri riesce a scrivere sul vostro calendario, ma sapete bene che Siri è invece molto limitato, conosce pochissime risposte, e aspettiamo che Apple lo mandi in pensione. Anthropic ha creato il protocollo MCP a fine 2024, ma è negli ultimi mesi che sempre più programmi sono diventati accessibili proprio grazie all’utilizzo di questo standard, che garantisce grande sicurezza. Sono subito nati moltissimi siti che offrono dei server MCP pronti all’uso, con cui senza grandi skill di programmazione possiamo far parlare la nostra AI con altri programmi.
Anche i programmatori esperti apprezzano questo protocollo, perché invece di scrivere ogni volta i sistemi di connessione da capo, a seconda del programma con cui mi voglio integrare, il MCP offre già tutto pronto e standardizzato.
Un libro da leggere
Luigi Villanova ha scritto “AI'm Sorry - Manuale di sopravvivenza etica nell'era dell'AI”, un libro che consiglio per diversi motivi (a parte l’amicizia con Luigi). Non ci si annoia: ogni capitolo è infatti strutturato con una breve storia (“vera o verosimile”) che ci spinge a riflettere su possibili criticità legate alla AI, a cui seguono dati e riferimenti bibliografici che spiegano in maniera diretta e divulgativa la tematica, con una carrellata di casi reali a dare sostanza al tutto. L’autore ci sfida anche con domande la cui risposta è talvolta molto difficile, ma che aiutano anche a prendere posizione nell’attuale panorama di innovazione tecnologica. Il pensiero per me più interessante è riassumibile in "l’AI è uno specchio: quando usa dati, rivela i nostri bias; quando genera deepfake, mostra cosa ci fa effetto; quando suggerisce un prodotto, indica a quale categoria apparteniamo". Insomma, osservare la AI è guardare noi stessi!
Copilot news!
Microsoft ha lanciato negli Stati Uniti il Copilot Vision su Windows, grazie a cui la AI può “vedere” cosa sta succedendo sullo schermo del nostro pc e darci consigli in merito. Sto usando un nuovo software e non so come procedere per svolgere una certa azione? Posso chiedere a Copilot. La suggestione è quella di avere una persona esperta accanto a cui possiamo chiedere aiuto. La risposta alle nostre domande sarà personalizzata in base a quello che abbiamo sullo schermo. “Come salvo questo file?” ha una risposta differente a seconda del programma che sto utilizzando, ma Copilot lo “vede” e mi restituisce la risposta corretta. Chiaramente la privacy diventa un tema enorme: Copilot Vision può vedere tutto ciò che fate sullo schermo, il che rappresenta un livello di accesso ai dati personali senza precedenti. Per questo Microsoft presenta Copilot Vision come completamente opt-in, cioè si attiva solo quando decidiamo di farlo e possiamo interrompere la condivisione in qualsiasi momento. L’aspetto che trovo interessante è che la AI si sta spostando di luogo: oggi tipicamente chiedo alla AI aprendo un browser, ma mi è già capitato di usare una AI disponibile in un software (era il Copilot Github dentro Visual Studio Code) ponendogli domande che non c’entravano nulla con codice o linguaggi di programmazione. A quanto pare, con il Copilot Vision, la AI più efficace sarà fuori dal browser e dalle app specifiche, direttamente in ascolto sul mio pc.
Un nostro progetto: le Bussole AI
Confcommercio ha realizzato con AGIC un sistema AI pensato per valorizzare il proprio patrimonio di competenze e metterlo a disposizione dei consociati. “Le Bussole AI” è il primo servizio AI nel panorama associativo italiano che offre un punto di accesso digitale e intelligente a manuali e articoli mirati alle diverse aree che Confcommercio rappresenta: commercio, turismo, servizi, trasporti, professioni, cultura. Grazie alle Bussole AI. Grazie all’utilizzo di Microsoft Azure e ai processi creati da AGIC per l’uso corretto della AI generativa, le Bussole AI si concretizza in un agente conversazionale in grado di fornire risposte su misura, pronte a trasformare dubbi in strategie. Inoltre, in questo nostro progetto la AI non si limita a “parlare”: se serve, mette in moto il sistema Confcommercio. Così, da una semplice domanda, può nascere un nuovo corso di formazione o un esperto che entra in negozio per supportare l’associato. L’idea è di avere la AI come punto di ingresso in percorsi in cui la digitalizzazione semplifica la raccolta delle richieste, l’identificazione della giusta competenza necessaria, il coinvolgimento della giusta persona per il caso specifico. Il sistema è infatti in grado di fornire risposte verticali su tematiche di marketing, vendita e gestione. Ogni interazione è mappata — nel rispetto della privacy — e condivisa con le strutture territoriali per attivare consulenze personalizzate. Inoltre, la piattaforma che abbiamo realizzato include anche funzionalità di reportistica, che consente di individuare trend tematici per cluster settoriali o geografici, per supportare una strategia digitale associativa data-driven, costruita sui bisogni reali delle imprese.
https://lebussole.confcommercio.it/ai/
Chi sono
Ciao, sono Francesco Costantino, professore universitario e Director of Innovation in AGIC. Appassionato di novità tecnologiche e convinto sostenitore di un futuro migliore del passato, mi piace raccontare e sperimentare i nuovi strumenti di AI disponibili, così come osservare e ragionare su quello che ci sta portando l’evoluzione digitale.