Newsletter Giugno

11 Giugno 2025

Newsletter Giugno

Motore di ricerca oppure AI


Ogni ricerca sul web per me è un dilemma: scegliere tra motori di ricerca o AI. Trovare la soluzione migliore è in teoria semplice: al ristorante scegliete dal menù o chiedete al cameriere cosa consiglia? Dipende. Se il menù è molto complicato può avere senso affidarsi ad un supporto che vi segnala i piatti migliori. Ma anche, ci dobbiamo fidare del cameriere. In maniera simile, se la nostra ricerca è semplice (“data di nascita di Leonardo da Vinci”, “finale champions league”, “contatti AGIC”, ecc.) meglio utilizzare i motori di ricerca. Così come se è molto specifica (“benefici fiscali per aziende con più di 250 dipendenti in Puglia”). Invece, se voglio evitare i link sponsorizzati, di dover aprire molte pagine web, la necessità di svolgere un’analisi di comparazione dei contenuti trovati, allora mi affido alla AI. Che lo fa egregiamente. 
Il tema è importante per chi vende spazi pubblicitari associati alle richieste sui motori di ricerca. Apple segnala che per la prima volta in 22 anni il numero di ricerche su Safari è diminuito in maniera importante. Inoltre, la Gen-Z ha diminuito l’uso di Google preferendo la ricerca diretta sui social, trovando più affidabili le recensioni personali rispetto a quelle sui siti.
Insomma, Google e Bing se la passano male. Proprio per questo si sta assistendo alla diffusione del concetto di Generative Engine Optimization (GEO), in sostituzione della SEO (Search Engine Optimization). Da molti anni i siti sono progettati seguendo la SEO, per cercare di essere in cima ai risultati dei motori di ricerca, ad esempio inserendo le parole chiave che piacciono a Google, ben consapevoli che pochi si spingono oltre la prima pagina di risultati. Ma a breve la SEO non basterà più, perché invece di stare tra i primi 20 risultati di Google, vorremo stare tra i 10 siti consultati da ChatGPT. Ecco appunto la GEO, che vuole riprogettare i siti per essere letti più dalla AI che dall’essere umano.

Microsoft parla di NLWeb, un progetto open-source (accessibile qui) per facilitare la navigazione web fatta da sistemi AI.

Google stessa ha attivato la “AI mode” (per ora solo negli USA) con cui il classico search diventa una tipica chat con cui interloquire. 

Sono molto curioso di vedere questa evoluzione, forse senza fastidiosi banner, e un miglioramento dell’esperienza utente anche nella ricerca dei contenuti web.

 

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Come usiamo la AI nel 2025 


Dubito spesso dei report sull'uso della AI generativa, poiché sono sponsorizzati dalle aziende che vendono questi sistemi o basati su campioni troppo piccoli per essere attendibili. Però, occasionalmente mi imbatto in analisi che ritengo rappresentino bene la situazione attuale. Un esempio è una recente ricerca dell’Harvard Business Review, da cui si evince l’uso qui sotto riportato.

 

Top 10 Gen AI Use

Uno degli usi più comuni dell'intelligenza artificiale è il supporto personale, un fenomeno comprensibile visto che i dati indicano una crescente richiesta di aiuto psicologico. Ho molte perplessità in merito, soprattutto per la incapacità dei sistemi AI di guidarti in un percorso di crescita che deve necessariamente passare per alcuni momenti di “crisi”, che spingono a comprendere la propria storia personale ed il proprio funzionamento; inoltre, mi spaventa l’idea che OpenAI o un’altra azienda conosca le mie esperienze, le mie paure, le mie aspirazioni. Ammetto che essere sposato con una delle psicoterapeute più brave di Roma potrebbe influenzare la mia visione sul tema. La sempre maggiore correttezza dei sistemi AI, che “sbagliano” meno e sono diventati molto affidabili, fa sì che sempre più persone la utilizzano per imparare qualcosa. Come ulteriore motivazione aggiungo che la AI può essere più coinvolgente di molti docenti e in grado di personalizzare la spiegazione sulla nostra specifica richiesta. È interessante notare come secondo un altro studio americano, le persone non si fidano di ricevere consigli in ambito medico e legale. Se avete curiosità, in questo report è possibile leggere per ogni tipologia alcuni casi d’uso specifici.

 

 

Questa AI, che fallimento!


Di recente Google è stata molto apprezzata con il suo Google AI Studio con cui è possibile manipolare immagini semplicemente scrivendo le modifiche da effettuare. Tra le funzionalità più utilizzate si è presto affermato il “rimuovi i watermark”, ovvero quei loghi che le banche di immagini inseriscono sulle loro fotografie a pagamento per evitarne l’uso gratuito. Quindi Google è diventato strumento perfetto per bypassare il diritto di autore! E parlando di diritto di autore, possiamo annoverare tra i fallimenti della AI la memoria difensiva di un avvocato italiano che ha citato sentenze della Corte di Cassazione che non esistevano, ma che erano stati suggerite da ChatGPT. Teniamo a mente che l’avvocato non è stato sanzionato, e il cliente non ha potuto esimersi dal retribuirlo. Negli USA, un caso analogo ha almeno portato a una donazione forzata di 1000$ a un’associazione no profit.

Lo so, ci avete pensato anche voi: intelligenza artificiale + stupidità umana = fallimento totale.

 

Mongolfiere

 

 

“Sei un chatbot o una persona?”


Fino a pochi mesi fa, quando decidevo di rivolgere una richiesta di aiuto in una chat su un sito, mi domandavo preoccupato “ci sarà dietro una persona o è una fregatura ed è un sistema automatico?”. Oggi vedo invece siti che promettono “Supporto AI 24/7”, ovvero 24 ore al giorno, sette giorni su sette. A quanto pare, una AI è percepita meglio di una persona. Lo capisco, perché risponde al cliente in qualsiasi momento e riuscendo ad accedere a molte più informazioni. Tuttavia si scopre che oggi dovremmo ripetere la mia stessa domanda preoccupata, ma al contrario: “c’è dietro una AI 24/7, o è una fregatura ed è una persona?”. Si tratta della così detta fauxatomation, ovvero della pratica di alcune aziende di spacciare per AI il lavoro svolto dietro le quinte da esseri umani. Recentemente Builder.ai è fallita dopo essere stata “colta in flagrante” nel far svolgere il lavoro della sua AI chiamata Natasha a 700 indiani. L’azienda, promettendo AI, aveva raccolto circa 1,5 miliardi di dollari. Esatto: miliardi, andati in fumo. Ma non è il primo caso di fauxatomation: Amazon ha ampiamente sponsorizzato il suo Amazon Go, grazie a cui si poteva acquistare nei negozi senza fermarsi alle casse, grazie alla AI che in automatico riconosceva gli oggetti prelevati dagli scaffali. Peccato ci fossero circa 1000 indiani (sempre loro) a verificare i dati correggendo circa il 70% delle transazioni. Simili storie si possono leggere per Meta e X.ai. Per la prima volta ho sentito parlare di AI-washing (simile al green-washing o al pink-washing), ovvero la pratica di fingere la presenza di algoritmi di intelligenza artificiale in prodotti che non ne hanno. Probabilmente la causa è il marketing e la necessità di fregiarsi del marchio AI-powered, ma rifletto se ci sia un effetto placebo, per cui la sola idea di avere una AI oggi ci renda più propensi a considerarla affidabile (rispetto ad una persona). Alcuni importanti investitori stanno suggerendo di spostare gli investimenti dalle aziende che producono AI a quelle che più possono trasformarsi grazie ad essa, proprio perché sono sempre di più le aziende “sòla” (“fregatura”, per voi che leggete lontani dal Colosseo) che usano la AI come specchietto per gli investitori.

 

Il Mio Chatbot Preferito

 

 

Qualcosa da sapere: un nuovo indicatore aziendale


In molti settori produttivi esistono degli indicatori che consentono a chi le gestisce di avere un confronto immediato con valori di riferimento che ne indicano lo stato di salute. Ad esempio, una società di consulenza usa il fatturato per dipendente, un’azienda retail calcola le vendite per metro quadro, una ditta di trasporti la percentuale di consegne effettuate nei tempi previsti. Con la stessa logica si sta iniziando a parlare di un nuovo indicatore aziendale: il rapporto persone/agentiAI (HAR – Human-Agent Ratio). Secondo questa ottica i leader devono porsi alcune domande fondamentali: quanti agenti AI sono necessari in azienda? Per quali ruoli e compiti? E quanti esseri umani servono per guidarli? Secondo il recente Work Trend Index Report di Microsoft le aziende devono considerare gli agenti AI non come strumenti ma come collaboratori con cui condividere il lavoro. Il numero di agenti AI deve essere adeguato a supportare le persone nello svolgimento delle proprie attività, soprattutto se ripetitive e con ridotto contributo umano, ma non eccessivo perché difficilmente riuscirebbero a gestire la complessità delle aziende e incrementerebbero troppo i rischi sostenuti dalle imprese. La ricerca suggerisce una visione di persone che diventeranno degli “agent boss”, ovvero in grado di gestire una serie di agenti che agiscono in autonomia ma necessitano di essere guidate da essere umani

 

Human AI Agent Ratio

 

 

La legge zero della robotica


“Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno”. Questo scriveva Isaac Asimov nei suoi celebri romanzi incentrati sulla robotica. Mentre circola un video molto sorprendente in cui un robot “impazzisce” e tenta di colpire chi lo sta programmando, si continuano ad effettuare test per verificare se la AI possa opporsi alla volontà umana. Ho sentito dire: “Alle brutte, gli stacchiamo la corrente”, ma ecco che alcune ricerche hanno osservato dei modelli AI far di tutto per evitare di essere spenti, anche ricattare le persone che avrebbero potuto disattivarli. Credo sia utile ricordare il principio fondamentale, che voglio chiamare di “utilità sociale”, per cui ogni critica ad una AI che sostituisce una persona deve rientrare in una valutazione complessiva di paragone: se al posto di un robot fosse presente una persona in carne e ossa, avrei meno probabilità di essere aggredito o ricattato? Faccio un esempio estremo e distopico: se un paese democratico avesse una polizia penitenziaria sistematicamente violenta, non sarebbe meglio sostituirla con dei robot, correndo il rischio di qualche malfunzionamento pericoloso, ma raro?

 

Le 3 Leggi Della Robotica

 

 

Una conversazione interessante con la AI


Da AI-entusiasta quale sono, sprono a fare test e prove sui casi d’uso di interesse. In particolare, per semplificare il proprio lavoro. Recentemente ho ascoltato un podcast di Jeremy Utley (esperto di educazione alla Stanford University), in cui si proponeva un test molto interessante: prendete una AI conversazionale (Copilot, Gemini, ChatGPT, …) e chiedetegli quanto segue: "Sei un esperto di AI. Vorrei avere una tua consulenza che mi aiuti capire la maniera migliore per utilizzare la AI nella mia vita professionale. Per favore rivolgimi domande nei panni di un esperto AI, una alla volta, finché non hai abbastanza informazioni sulle attività che svolgo, le mie responsabilità, i miei obiettivi, per darmi due consigli più ovvi e due meno ovvi sul modo migliore di utilizzare la AI nel mio lavoro”. Buon divertimento!

 

Esperto Di AI

 

 

Sensi di colpa energetici


Abbiamo già parlato dell’impatto energetico della AI, e scopro che qualcuno si sente in colpa quando utilizza la AI per quanta corrente consuma nei datacenter. Non so se il medesimo senso di colpa sia avvertito quando si usa l’ascensore o si lascia acceso il wi-fi a casa. In ogni caso, ci viene in aiuto un calcolatore del consumo energetico per le nostre conversazioni con la AI. Totalmente gratuito, lo strumento consente di scegliere un modello di AI e di utilizzarlo come un normale chatbot per scoprire quanto energia stiamo consumando con ogni nostra domanda. Curiosità: per scrivere questo breve post (ho chiesto al tool di aiutarmi a concludere il post, dandomi 5 considerazioni interessanti da aggiungere – tutte inutili!) ho consumato energia pari al 1,03% della carica del mio smartphone. Nota a margine: ieri sera ho preso “un attimo il telefono” prima di andare a dormire, ho scrollato poi per - ahimé - circa quaranta minuti, passando dal 40% di batteria al 15%. Qualcuno ha approfondito il tema del consumo energetico causato dai social, e forse - come talvolta accade – preferiamo guardare il dito invece che puntare gli occhi sulla luna.

 

Caffè Senza Zucchero

 

 

 

Un nostro progetto


In uno dei nostri ultimi progetti ci siamo trovati ad affrontare una sfida concreta e tutt’altro che rara nel mondo industriale: la gestione automatizzata delle fatture passive estere, spesso in formato non standard, multilingua e con strutture documentali complesse. Il processo iniziale era completamente manuale con documenti caricati e annotati da una persona, gestiti in modo frammentato e soggetti a errori e rallentamenti. Abbiamo costruito una soluzione end-to-end interamente orchestrata su Power Platform. I documenti vengono caricati in SharePoint e, da lì, processati da un sistema OCR basato su Invoice Capture. Quando il sistema rileva casistiche particolarmente complesse, come documenti multi-pagina o strutture poco prevedibili, subentra Azure AI Document Intelligence per un’estrazione più avanzata delle informazioni. Il cuore dell’interfaccia è una Power App: sul lato sinistro dell’app viene mostrato il documento scansionato, sul lato destro i dati estratti automaticamente. L’utente ha la possibilità di rivedere e validare le informazioni, correggerle se necessario, e procedere alla conferma. Una volta validati, i dati vengono inviati al sistema ERP (Dynamics 365 Finance & Operations) per la registrazione, e il documento viene archiviato nella repository ufficiale. Il risultato è stato un processo più veloce, affidabile e standardizzato. Abbiamo ridotto l’intervento umano ai soli casi di validazione, mantenuto il controllo qualità e garantito l’integrazione fluida con i sistemi aziendali. Un ottimo esempio di come l’AI documentale possa risolvere problemi reali, in modo elegante ed efficace.

 

Rechnung
Il concept demo del progetto

 

 

 

Copilot news!


La settimana scorsa mi sono trovato in viaggio in auto verso l’Abruzzo, dove un fantomatico venditore di parti di ricambio mi aveva promesso dei ricambi originali per la mia bella Punto Cabrio, oramai auto d’epoca. Volendo sfruttare le lunghe ore di guida per ragionare su nuove idee, ho deciso di mettere alla prova una delle novità che più mi ha incuriosito ultimamente: l'accesso gratuito e illimitato alle funzionalità "Think Deeper" e "Voice" di Copilot, annunciate da Microsoft. Non si tratta solo di un aggiornamento tecnico, ma di un cambiamento che trovo molto utile per interagire con gli assistenti AI: "Think Deeper" ti permette di chiedere a Copilot in una riflessione più articolata, ideale proprio per quei momenti di brainstorming immersivi, mentre "Voice" rende l’interazione molto più fluida e naturale, soprattutto in mobilità, consentendomi di parlare ad alta voce con Copilot proprio mentre guidavo. Il risultato è stato un lungo file di appunti, che ho poi chiesto di schematizzare in una sintesi che ha reso il viaggio interessante. Se vi state chiedendo quali incredibili idee mi sono appuntato, posso rassicurarvi mostrandovi la fine del file prodotto da Copilot (che è sempre molto cortese).

 

Copilot Risponde

 

 

 

Chi sono

Ciao, sono Francesco Costantino, professore universitario e Director of Innovation in AGIC. Appassionato di novità tecnologiche e convinto sostenitore di un futuro migliore del passato, mi piace raccontare e sperimentare i nuovi strumenti di AI disponibili, così come osservare e ragionare su quello che ci sta portando l’evoluzione digitale.

 

Francesco Costantino